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Cefalù e il voto di Re Ruggero II

Città dalle origini antichissime, Palermo vanta innumerevoli tracce lasciate in eredità da diversi popoli. Due sono le dominazioni che hanno reso Palermo unica nel suo genere e inimitabile, esempio del perfetto connubio tra oriente e occidente: Palermo è, di fatti, lo scrigno dei cosiddetti tesori arabo-normanni, la cui estrema rilevanza storico-artistica e culturale è tale da spingere l’Unesco a riconoscerli come Patrimonio Mondiale dell’Umanità nel 2015. Un numero considerevole di edifici religiosi, palazzi, castelli costituiscono infatti il sito seriale di “Palermo arabo-normanna e le cattedrali di Monreale e Cefalù.

A proposito di Cefalù, vorrei offrire ai lettori una chicca. Qualcuno conosce la leggenda legata alla costruzione del suo Duomo? Ve la racconto…


Quando Guglielmo era ancora un fanciullo suo padre, re Ruggero, amava raccontare ai suoi figli le vicende e le intemperie affrontate nella sua vita. Gli anni trascorsero e Guglielmo si trovò a narrarle al figlioletto Guglielmo II: fu in quel momento che comprese la grandezza e l’umanità del padre, che per tanti anni aveva temuto.

“Tornavo in Sicilia dalla vittoriosa spedizione ad Amalfi, a bordo di una delle più belle navi della mia flotta, comandata dal valoroso ammiraglio Giorgio di Antiochia. Mancavo dall’Isola da alcuni anni, durante i quali avevo affrontato combattimenti (…) adesso andavo a Palermo per realizzare il sogno di mio padre: cingere la corona di Re di Sicilia! (…) Ero orgoglioso dei miei successi e, raggiante per la prossima incoronazione, fremevo di impazienza e contavo le ore per lo sbarco.

Eravamo già passati davanti a Tindari, al nostro castello di Caronia e al paese di Cefalù. Ci avvicinavamo a Capo Zafferano, intravedevamo l’orizzonte di Monte Pellegrino, e non mi stancavo di ammirare le dolci linee dei lontani monti violetti e i caratteristici promontori, che avanzavano come sproni dorati, sul mare di zaffiro. (…)

Ma ecco che all’improvviso si levò contro di noi un gran vento per cui la nave, pur sapientemente comandata, non riusciva più ad avanzare. (…) Dopo pochi minuti altissime ondate si diedero a flagellare il nostro scafo (…) vidi a bordo i coraggiosi marinai normanni, che avevano sfidato le ire dell’oceano, gettarsi in ginocchio ed invocare il Dio dei cristiani; vidi i marinai arabi, già da molti anni arruolati nella nostra flotta, gettarsi in ginocchio ed invocare Allah; e compresi forse per la prima volta, quanto piccoli siamo noi uomini davanti alle forze della natura e come il nostro comune destino umano unisce i popoli e razze, impone ai forti di essere umili e insegna ai capi di chiedere benedizione dall’alto e di non sfidare le potenze celesti.

Allora compresi che il mio compito non doveva essere quello di ingrandire il regno, ma quello di ristabilirvi una vera pace: Cristiani ed Arabi, Greci e Normanni, avrebbero dovuto instaurare in Sicilia una nuova era di civiltà.

(…) Promisi al Cristo Salvatore che, se ci avesse salvato, avrei costruito su quel promontorio (Cefalù) un Duomo; il più bello di quelli fino ad allora costruiti dai Normanni in Europa, dove saremmo stati sepolti un giorno io e i miei discendenti e che avrebbe dovuto testimoniare che la volontà di pace prevaleva ormai sulla sete di conquiste. (…) Avevo appena formulato il mio voto che il vento e le acque si calmarono e potemmo sbarcare a Cefalù.”.

(Testo tratto da “Il voto di Re Ruggero”, Giuseppe Caronia, in La Porta del Sole, Novecento, Genova, 1986)




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